BESTIARI DI MONTAGNA
Filippo mi ha suggerito di salire e scoprire la storia di Gorganera e del lago della Ciliegeta, che stanno più o meno alla stessa quota ma su versanti diversi del Falterona. Un lago “nero” e un lago “bianco”, uno sul versante fiorentino, l’altro su quello aretino. Uno dove vive il Basilisco che si sposta e va a far danno sull’altro versante…. in Casentino. Si sale da Castagnano d’Andrea e poi dal Borbotto attraversando una faggeta. Il primo personaggio che incontro è un omino di pietra. Gli omini di pietra sono importanti in montagna, sono custodi di sentieri e strade. La Gorganera appare ad un certo punto, sulla sinistra, immersa nel bosco. Un acquitrino che però quando ci arrivi non ha l’acqua nera ma verde, interamente coperta da muschi e lenticchie di montagna e tutt’intorno ti accorgi che c’è uno strano ribollio perché c’è tutto un pullulare di insetti e animaletti che ti saltano intorno. Devi stare attento sennò li pesti. Sono rane, piccole, rosse e si chiamano rane temporarie. Secondo un cartello che sta messo lì accanto al lago, questi animaletti sono piuttosto importanti e rari. Si dice però che da queste parti ci siano serpenti, e sopra tutti loro il Baldalischio, capre in grado di gettare a valle sassi e vi viva Rospo con il suo barbagianni…
Ora pare strano ma sembra che i serpenti vengano fuori ripetutamente solo dopo disastrose frane che interessano Falterona e soprattutto questo versante fiorentino. Gorganera, un lago profondo, talmente profondo che non ha fondo, con canali sotterranei che attraversano la montagna dall’interno e forse direttamente collegato con il mare. Emma Perodi, fu la prima donna che, raccogliendo sul campo le storie di queste valli lasciò un volume dal titolo Le novelle della nonna. Terra inquieta quella di Gorganera.
In un versante il buio, l’acquitrino, la selva boscosa piena di storie misteriose e terrorifiche, dall’altro lato della montagna altra storia, altro mistero ma luminoso, magico, positivo. A Bibbiena hanno aperto da poco un bel museo archeologico che oltre a ricostruire la storia del territorio casentinese dedica ampio spazio proprio alla storia degli idoli del Falterona. Questo lago poco vicino Capo d’Arno l’hanno studiato accuratamente, e soprattutto in tempi recenti perché la sua storia è veramente singolare. Sembra risalire a 10.000 anni fa, quando ancora una volta protagoniste le leggendarie frane della montagna la terra imbrigliò una delle cinque braccia delle sorgenti dell’Arno dando origine al laghetto. Il suo nome era lago della Ciliegeta, e ancora oggi qualche vecchio ciliegio lo si trova nei dintorni, circondato da foreste di faggi. La storia si svolge tutta nell’Ottocento quando una pastorella ritrova per caso un piccolo bronzetto. Quando nel paese a valle ci si rende conto del ritrovamento ha inizio la caccia al tesoro, perché il lago è ricco e pieno di statuette votive e altri piccoli oggetti che gli Etruschi vi avevano gettato. Il lago, che grazie al ritrovamento fortuito, cambiò nome, scomparve anche per più di un secolo, sotto l’ingordigia di tutti coloro che per semplificare il ritrovamento dei reperti decisero ad un certo momento di prosciugare la depressione.
Svuotato nel 1838 è stato ri-originato nei primi anni 2000.