OVVERO COME PER PARLARE DI UN ORATORIO
SIAMO ARRIVATI ALLE FIASCAIE
Il 28 luglio il viaggio con Filippo e Marco si sposta verso la zona di Pomino, quella del vino pregiato. Per arrivare all’oratorio della Madonna dei Fossi bisogna andarci a piedi. Le strade che salgono sono due, mi dice subito Filippo, e al ritorno faremo quella antica! Se ho ben capito la strada che stiamo faticosamente facendo portava in qualche modo al passo della Consuma. Però è una strada che saliva da Tosina fino alla Madonna dei Fossi e poi andava fino alla Consuma ma da questo passo qui non si arriva subito in Casentino, ma nella valle del Moscia, quella che finisce a Londa e dove hanno trovato tante steli etrusche.
La storia che mi racconta Filippo intreccia un oratorio oggi dismesso con una pianificazione territoriale di due secoli fa che ancora oggi caratterizza queste colline, una produzione vinicola storica e un episodio della seconda guerra mondiale che arriva fino allo scrittore Pratolini. La prima tappa è l’oratorio con la sua storia. Sull’oratorio dei Fossi effettivamente non ci sono molte notizie perché sono oratori nati per devozione popolare. Sui cartelli che ti indicano la strada l’oratorio si chiama Santa Maria del Carmine ai Fossi. L’oratorio dei Fossi non se lo ricordano in molti. La festa religiosa che si teneva oggi non c’è più ma Filippo mi fa notare che l’oratorio è ancora presente presso la comunità tant’è che tutti gli anni la 2° domenica di luglio ci viene fatta la festa laica. Quelli di Pomino vengon su e fanno un pranzo, tipo come fosse un pranzo che si fa per festeggiare il maggio.
Filippo mi fa solo una domanda: li vedi i rimboschimenti? Tutta la zona quassù in origine era pascolo poi alla fine del 1800 sono diventati tutti boschi. Come fai a fare allevamento se non hai pascoli? Prima c’erano i pascoli, ma il legno rendeva a quell’epoca perché c’era la novità della ferrovia….. I lavori furono iniziati da Vittorio Albizi, nell’Ottocento. Vittorio Albizi si occupò di un’altra faccenda altrettanto importante. E qui si lascia l’argomento della giornata per un nuovo racconto, la storia del commercio del vino oltreoceano e a come si sono rinforzati i colli dei fiaschi. A Pontassieve c’era una cantina, la Melini. Questi erano commercianti di vini e furono fra i primi a tentare l’esportazione negli Stati Uniti. Però c’era un problema: i fiaschi senza il collo rinforzato non tenevano i tappi di sughero. Perciò i fiaschi stivati nelle navi o saltavano e il vino andava in terra o si rompevano. Fu Vittorio assieme al De Grolée, a studiare un sistema per rinforzare il collo del fiasco. E tutto questo perché non si volevano adottare le bordolesi! Il vino toscano doveva stare nel fiasco.
Poco sotto l’oratorio si apre un paesaggio interessante dove alcune abetine fanno da custodi a campi di vigne. Qui c’è Berceto. Per chi non lo sapesse un pugno di case, abbandonate oggi, un tempo piccolo agglomerato agricolo, come ce ne sono molti in Valdisieve. Due scrittori che si incontrano, uno occasionale l’altro professionista: Lazzaro Vangelisti, che ci lascia il suo diario di vita perché non si dimentichi Berceto e la sua strage e Vasco Pratolini al quale il Vangelisti manda a leggere il suo manoscritto. Vasco Pratolini che fa nascere il suo Metello a Rincine, non lontano da questi luoghi.