LA’ DOVE LE PIETRE ORIENTANO LE STELLE…
Il primo viaggio all’Oratorio del Sasso l’ho fatto con Marco il 10 luglio. L’area del Sasso sta vicino alla chiesa di Lubaco e la sua storia si collega a Santa Brigida. Per arrivarci si attraversa una valle con oliveti e boschi e quando la strada comincia a salire ecco che compare la deviazione per l’Oratorio. Rifugio di eremiti, anche se la storia del Sasso va molto più indietro nel tempo, la zona divenne famosa per l’apparizione mariana del 1484. Fu da allora che il piccolo oratorio divenne un vero e proprio santuario con la chiesa, il portico, le stanze per le compagnie del territorio. Un luogo interessante il Sasso, dove la roccia è l’elemento dominante e che rappresenta le origini forse più antiche di questo luogo. Del resto al Sasso anche il torrente che qui ha origine porta nel nome il riferimento alla pietra, a quella selce che lo caratterizza, una pietra da costruzione. Il torrente delle Sieci che dà il nome al paese. Ho letto poi che questa è la zona del fiore della Madonna, fiore che solo qui (e in Corsica) ancor’oggi sopravvive. Ogni anno qui fiorisce il Cisto Laurino. Il 20 luglio sono tornata al Sasso con Filippo. Per capire l’importanza delle pietre del Sasso e dei boschi che lo circondano, Filippo mi fa partire dal paese di Santa Brigida, il paese di scalpellini. L’oratorio bisogna raggiungerlo a piedi. Attraversando il cancello Leonardi, si entra direttamente nella via Sacra, un lastricato in pietra largo 2.4 metri e lungo 800 che ti porta proprio sotto il muro delle patate. Anche qui una pietra con incisa una croce ti indica il cammino.
La festa al Sasso si fa la seconda di maggio, la festa grossa, perché un tempo c’erano anche le Bifolcate, le Mulatterìe e la Cavalcata. Le spighe di grano garantivano l’accesso al Santuario. Ogni anno la fattoria designata dal consiglio dell’opera doveva sorteggiare un contadino che sceglieva un vitello. E da quel momento il vitello diventava una bestia sacra. Veniva agghindato tutto e poteva pascolare dove voleva. Il giovedì prima della festa veniva scortato fino al Santuario e macellato. A quel punto col sangue del vitello si facevano dei roventini. Poi il vitello veniva preparato in stracotto e condito in dolce e forte. Lo stracotto era venduto in dei piatti che venivano usati solo in quell’occasione, perciò insieme allo stracotto si comprava anche la terrina.
La festa al Sasso è qualcosa che parte come festa religiosa per divenire qualcosa di altro, di più popolare. Al muro delle patate nessuna giovane donna poteva sedersi, era vergogna perché era il muro per trovare il fidanzato. La tradizione dell’ottava declamata alla festa del Sasso ci porta nel 1891 quando Raffaele Merlini (1851-1932), detto Barile, racconta la storia della festa di maggio. Ma ciò che ha modificato la festa al Sasso è il fattaccio di Bube. Filippo mi racconta che la storia della Ragazza di Bube, che Cassola aveva ambientato nella zona volterranea, in realtà si è svolta tutta proprio qua, ed ha avuto come “palcoscenico” l’oratorio del Sasso.